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sabato 18 maggio 2013

Il tesoro dei Mille in fondo al mare di Punta Campanella


Un mistero irrisolto l'affondamento del battello a vapore "Ercole" nelle acque di Punta Campanella davanti alla costa di Sorrento.
Nel disastro trovò la morte Ippolito Nievo,
Vice Intendente di Finanza dell’esercito.La nave, partita da Palermo e diretta a Napoli, trasportava due casse col tesoro dei Mille e importanti documenti.

 Fu naufragio o prima strage di stato del Regno d'Italia postunitario?

 
Il 4 marzo 1861 era lunedì. Su Palermo splendeva il sole. Nel porto, lungo il molo Arsenale, erano ormeggiati 11 battelli, di cui 4 a vapore. La stazza delle imbarcazioni era di circa 450 tonnellate, la meta era la stessa: Napoli. Sarebbero partite ognuna a distanza di tre ore. Il nome del primo vascello era "Ercole". Nave a vapore e a vela, con grandi ruote laterali come quelle che attraversano il Mississippi, l'"Ercole" era di costruzione inglese, con una lunga storia di trasporti civili e militari nel Tirreno. Il secondo battello era il "Pompei". A bordo c'era Ippolito Nievo che aveva gestito le finanze della spedizione dei Mille nel 1860. L'"Ercole" salpò alle 12,55 con mare calmo, ma alle 5 del mattino del giorno dopo si trov in piena tempesta. Alle 10 il mare era di nuovo calmo. La "Pompei" entrò nel porto di Napoli, ma l'"Ercole", partito da Palermo tre ore prima, non era ormeggiato. Il vascello scomparve senza lasciare nessuna traccia. Cento anni dopo, quando le poste italiane emettono un francobollo commemorativo di Ippolito Nievo, il nipote del vice intendente di Garibaldi per la Spedizione dei Mille. Stanislao Nievo giornalista e fotografo, decide di riprendere le ricerche. Dieci uomini di mare, oltre a tre amici più intimi, hanno aiutato Stanislao Nievo il quale contatta finanche Gerard Croiset un uomo di 60 anni che ha una curiosa capacità di veggenza, di premonizione e di indagini su gente scomparsa. Croiset, senza dati precisi, ma solo con l'ausilio di carte nautiche e di un racconto approssimativo disse che l'"Ercole" si era spaccato per scoppio delle caldaie. I punti dell'affondamento della nave che giaceva sul fondo insabbiata per metà erano compresi in un'area con profondità di 40, 90 e 270 metri circa. Alcuni mesi dopo Stanislao Nievo uscì dal porto di Napoli con un peschereccio munito di ecosonda. Era con lui il sommozzatore Renato Sincero, che pescava coralli e si spingeva con gli autorespiratori fino a 110 metri. L'ecosonda segnò un piano molto vicino a quello di Croiset, ma i risultati delle immersioni furono scarsi. Tre mesi dopo, il giornalista tornò a Napoli con Croiset. Il paragnostico e Stanislao Nievo giunsero a Capri. Cominciarono le ricerche in mare tra Punta Campanella e Capri e dopo meno di un'ora, Croiset disse: "L'Ercole è qui". Quindici giorni dopo arrivarono dall'Olanda un nastro inciso e cinque disegni, i quali inquadravano il fondale su cui Croiset era passato. Il nastro diceva: "Il vascello a circa 200 metri dalla roccia che ho segnato la prima volta". Stanislao Nievo decise allora di rivolgersi al professore Augusto Piccard, che era aiutato dal figlio Jacques, il quale nel 1953 scese nel fondo proprio al largo di Punta Campanella con il batiscafo "Trieste", si immerse ancora con un prototipo sperimentale del sommergibile PC8. A circa 240 metri di profondità videro il relitto di un vascello, tentarono di imbarcarne un pezzo, ma l'intera imbarcazione si dissolse come polvere. Un mese dopo ritentò con un altro sommergibile, un batiscafo rifatto che scese a 682 metri. In una terza immersione con uno scafo sub americano raggiunse i 1000 metri; al largo di Capri, si imbatterono in un relitto che aveva la forma di una ruota di vascello, ma nel riportarlo alla luce, quasi avesse avuto bisogno di una regolare decompressione, si sbriciolò e tornò sul fondo. Tornati sul fondo, trovarono una cassa metallica sfondata, simile a quelle della Spedizione dei Mille, ma tutto si disfece nella presa delle pinze di acciaio del sommergibile. Stanislao Nievo fece un ultimo disperato ritorno alla parapsicologia, ma alla fine dovette arrendersi. E oggi, a 114 anni di distanza, nonostante il lavoro massacrante del giornalista nipote di Ippolito Nievo, il mistero dell'"Ercole" non stato ancora chiarito.

(Mino Jouakin, "Napoli VIP", marzo 1986) 





Ippolito Nievo un personaggio scomodo e custode di segreti compromettenti per i SAVOIA.


 
Il 5 marzo 1861 moriva Ippolito Nievo, garibaldino e fecondo scrittore. All’alba, tra Capri e Sorrento, durante un fortunale, affondò il vapore “Ercole”, nave della linea Palermo–Napoli su cui viaggiava; tra equipaggio e passeggeri, i dispersi furono circa ottocento. Questo il comunicato ufficiale dell’epoca. Ippolito Nievo nacque a Padova il 30 novembre 1831; nel ‘48 il giovane Ippolito, seguace di Mazzini e Cattaneo, partecipò all’insurrezione di Mantova. Nel gennaio del 1852 collaborò al quotidiano bresciano “La Sferza”, e, nello stesso anno, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Padova. Per un suo racconto pubblicato sul giornale, fu accusato di vilipendio dalle autorità austriache, per cui fu processato. Fu anche collaboratore della rivista “L'Alchimista Friulano”. Nella sua breve vita, tra novelle, poesie romanzi e raccolte di disegni, portò a termine trenta libri; il suo capolavoro fu “Confessioni di un Italiano”.

Nel 1859 si unì alle truppe di Garibaldi, dove raggiunse il grado di colonnello; terminata l’impresa, tra il 1860 e il 1861, Ippolito Nievo, in carica come Vice Intendente di Finanza dell’esercito, ebbe l’ordine di tornare a Palermo per raccogliere i documenti contabili relativi alle imprese finanziarie dei garibaldini in Sicilia, richiesti dalle autorità piemontesi come rendiconto della spedizione dei Mille. Nievo, dunque, partì da Palermo alla volta di Napoli la sera del 4 marzo, recando con sé il baule con tutta la documentazione. Molti storici sostengono che il naufragio dell’”Ercole” fu solo la versione ufficiale e non un incidente: Nievo era un personaggio scomodo, da eliminare . Infatti, era nota la sua opposizione alla pessima e truffaldina gestione colonialistica dell’ex Regno delle Due Sicilie, ed inoltre, come Mazzini, era fautore di una Repubblica Italiana, non di una monarchia, oltretutto Sabauda.

Aveva partecipato alla spedizione dei Mille perché, almeno inizialmente, era questa l’idea di Giuseppe Garibaldi: un’Italia Unita e Repubblicana. A centocinquanta anni dalla scomparsa di Ippolito Nievo e della nave “Ercole”, la vicenda presenta ancora molti punti oscuri: non vi fu alcun superstite e non vennero trovati corpi e nemmeno relitti. Fu fatto passare, all’epoca, come un naufragio dovuto alle avverse condizioni atmosferiche; eppure, sul registro navale del 4 marzo 1981 risulta che quel giorno e in quel luogo non v’erano «condizioni di tempo perturbato tali da provocare l’affondamento di una nave di linea». Inoltre, come osserva Giulio Di Vita nel suo libro “Finanziamento della spedizione dei Mille”: «Le altre navi in zona riportano nei diari di bordo la più rassicurante bonaccia. Probabilmente la causa del naufragio è un’esplosione dolosa delle caldaie, come è stato confermato da recenti esplorazioni subacquee».


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